Ricorso ex art. 127, comma 1, Costituzione per il Presidente del Consiglio dei Ministri (C.F. 80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato (C.F. 80224030587), presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12 (PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), giusta delibera del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 14 luglio 2022, ricorrente; contro la Regione Toscana (c.f. 01386030488; PEC: regionetoscana@postacert.toscana.it), in persona del Presidente della Giunta Regionale in carica, con sede in piazza Duomo 10 - 50122 Firenze (FI) intimata; per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, della legge Regione Toscana del 24 maggio 2022, n. 15, pubblicata nel BUR n. 26 del 3 giugno 2022, recante «Disciplina dell'oleoturismo e dell'ospitalita' agrituristica. Modifiche alla l.r. 30/2003» per violazione degli articoli 9, e 117, commi secondo, lett. s), e terzo Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione, in relazione agli articoli 1 e 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150; al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444; all'art. 3 della legge 10 febbraio 2006, n. 96; agli articoli 135, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio); Con la legge 24 maggio 2022, n. 15, la regione Toscana ha provveduto a disciplinare «l'oleoturismo» e «l'ospitalita' agrituristica», anche modificando la propria legge n. 30/2003 recante «Disciplina delle attivita' agrituristiche, delle fattorie didattiche, dell'enoturismo e dell'oleoturismo in Toscana». In particolare, l'articolo 7, comma 1, della predetta legge n. 15/22 ha modificato l'articolo 17 della l.r. n. 30/2003, rubricato «Immobili destinati all'attivita' agrituristica», inserendo, al comma 1, lett. c), il numero 3-bis, volto a consentire l'utilizzo, ai fini dello svolgimento dell'attivita' agrituristica, «dei trasferimenti di volumetrie disciplinati all'articolo 71, comma 2, e all'articolo 72, comma 1, lettera a), della L.R. 65/2014, all'interno del medesimo territorio comunale o all'interno della proprieta' aziendale la cui superficie sia senza soluzione di continuita' e ricada parzialmente in territori di comuni confinanti, a condizione che si configurino come uno dei seguenti interventi: a) interventi di addizione volumetrica; b) interventi di trasferimento del volume in prossimita' di edifici esistenti e qualora questo non comporti la necessita' di realizzare opere di urbanizzazione primaria». Per effetto di tale modifica, l'articolo 17, comma 1, lettera c), della legge regionale 23 giugno 2003, n. 30 risulta cosi' modificato: «1. Possono essere utilizzati per l'attivita' agrituristica: c) salvo i limiti e le condizioni previsti dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, i volumi derivanti da: 3-bis) trasferimenti di volumetrie disciplinati all'articolo 71, comma 2, e all'articolo 72, comma 1, lettera a), della L.R. 65/2014, all'interno del medesimo territorio comunale o all'interno della proprieta' aziendale la cui superficie sia senza soluzione di continuita' e ricada parzialmente in territori di comuni confinanti, a condizione che si configurino come uno dei seguenti interventi: a) interventi di addizione volumetrica; b) interventi di trasferimento del volume in prossimita' di edifici esistenti e qualora questo non comporti la necessita' di realizzare opere di urbanizzazione primaria;». L'art. 7, comma 1, della legge regionale n. 15/2022 presenta profili di illegittimita' costituzionale, in quanto, per le ragioni che di seguito si illustrano, risulta lesivo dell'articolo 117, terzo comma della Costituzione, per contrasto con i principi fondamentali statali in materia di governo del territorio stabiliti dall'articolo 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942 - come attuato con il decreto ministeriale n. 1444 del 1968 - e dall'articolo 3 della legge 10 febbraio 2006, n. 96; dell'articolo 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione, rispetto al quale costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, poiche' incide sulla pianificazione paesaggistica, con invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato; dell'articolo 9 della Costituzione, che sancisce la rilevanza della tutela del paesaggio quale interesse primario e assoluto (Corte costituzionale n. 367 del 2007), in considerazione dell'abbassamento del livello della tutela del paesaggio; del principio di leale collaborazione, per violazione dell'impegno assunto dalla Regione con il Piano di indirizzo territoriale a consentire l'edificazione di nuovi volumi in zona agricola in casi eccezionali e residuali. Il Presidente del Consiglio dei Ministri propone, pertanto, il presente ricorso, affidato ai seguenti motivi di Diritto 1. Illegittimita' dell'art. 7, comma 1, della legge 24 maggio 2022, n. 15 per violazione 117, terzo comma, Costituzione, in riferimento agli articoli 1 e 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150; al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 (articoli 2, 3 5, 7, 8 e 9), all'art. 3 della legge 10 febbraio 2006, n. 96, La novella in esame consente trasferimenti di volumetria in zona agricola e, conseguentemente, nuove edificazioni finalizzate all'attivita' agrituristica, in violazione delle stringenti e particolari limitazioni poste all'attivita' edificatoria in zone agricole dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150 (c.d. Legge Urbanistica), al fine di «favorire il disurbanamento e di frenare la tendenza all'urbanesimo» (art. 1 della citata legge). Per il conseguimento di tali finalita', la stessa legge urbanistica, all'articolo 41-quinquies, commi ottavo e nono, prevede rispettivamente che: «[8.] In tutti i comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densita' edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonche' rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attivita' collettive, a verde pubblico o a parcheggi. [9.] I limiti e i rapporti previsti dal precedente comma sono definiti per zone territoriali omogenee, con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con quello per l'interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. In sede di prima applicazione della presente legge, tale decreto viene emanato entro sei mesi dall'entrata in vigore della medesima». In attuazione della predetta disposizione, il decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, ha individuato, all'articolo 2, lettera e), tra le «zone di territorio omogenee», anche «le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprieta' richieda insediamenti da considerare come zone». Il citato D.M. n. 1444 del 1968 definisce non solo i rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e gli spazi pubblici o riservati alle attivita' collettive, a verde pubblico o a parcheggi (art. 3 e 5) fissando le quantita' minime di queste ultime, ma anche i limiti inderogabili di densita' edilizia (art. 7), di altezza degli edifici (art. 8) e di distanza tra i fabbricati (art. 9) che vanno rispettati per le diverse zone territoriali omogenee. In particolare, per quanto attiene alle zone agricole, per tutelare il paesaggio e l'ambiente e per controllare la densita' edilizia, e' prevista la sostanziale inedificabilita'. Anche nei limitati casi in cui e' ammessa l'attivita' edificatoria nelle zone agricole, la stessa e' estremamente ridotta, ed e' stabilito un limite massimo e inderogabile con indice di edificabilita' a fini di insediamento residenziale pari a 0,03 metri cubi per metro quadro (cfr. articolo 7, n. 4), del d.m. n. 1444 del 1968). Nell'ottica delle stesse finalita' di salvaguardia delle zone agricole, l'articolo 3 della legge 10 febbraio 2006, n. 96, recante «Disciplina dell'agriturismo» prevede che: «Possono essere utilizzati per attivita' agrituristiche gli edifici o parte di essi gia' esistenti nel fondo» (comma 1) «Le regioni disciplinano gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso dell'imprenditore agricolo ai fini dell'esercizio di attivita' agrituristiche, nel rispetto delle specifiche caratteristiche tipologiche e architettoniche, nonche' delle caratteristiche paesaggistico-ambientali dei luoghi» (comma 2). «I locali utilizzati ad uso agrituristico sono assimilabili ad ogni effetto alle abitazioni rurali» (comma 3). (enfasi aggiunta). La disciplina statale stabilisce, dunque, che: (i) l'esercizio dell'agriturismo debba avvenire in edifici gia' esistenti sul fondo, eventualmente oggetto di interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, e che non sia invece consentita, a tal fine, la realizzazione di interventi di nuova costruzione; (ii) i locali utilizzati ad uso agrituristico siano assimilabili a ogni effetto alle abitazioni rurali e, quindi, i relativi volumi debbano essere presi in considerazione ai fini del calcolo delle potenzialita' edificatorie, nel rispetto dell'indice volumetrico di cui al richiamato articolo 7, n. 4), del d.m. n. 1444 del 1968. Con riferimento alla nozione di interventi di ristrutturazione edilizia, come definiti dall'articolo 3, comma 1, lett. d), del TUE, la giurisprudenza ha chiarito che «la ristrutturazione edilizia si caratterizza per la diversita' dell'organismo edilizio prodotto dall'intervento di trasformazione rispetto al precedente (Cons. Stato, sez. VI, 14 ottobre 2016, n. 4267 e 27 aprile 2016, n. 1619; sez. V, 12 novembre 2015, n. 5184) e che essa si distingue dalla nuova costruzione perche' mentre quest'ultima presuppone una trasformazione del territorio, la ristrutturazione e' invece caratterizzata dalla preesistenza di un manufatto, in quanto tale trasformazione vi e' in precedenza gia' stata (Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 2015, n. 1763; 12 maggio 2014, n. 2397; 6 dicembre 2013, n. 5822; 30 marzo 2013, n. 2972)» (Cons. Stato, Sez. IV, 12 ottobre 2017, n. 4728). La nozione di ristrutturazione edilizia va quindi interpretata tenendo conto della necessita' che permanga pur sempre un collegamento che consenta di ritenere che il manufatto demolito sia quello stesso che viene ricostruito. Conseguentemente, se e' vero che la ricostruzione puo' avvenire con modifica dei vari parametri edilizi, tuttavia tale ricostruzione deve comunque avvenire in un sedime che, seppure non coincidente, deve essere necessariamente prossimo a quello originario, e certamente localizzato nello stesso lotto urbanistico ove si trovava l'immobile demolito. Diversamente, non sara' possibile parlare di ristrutturazione edilizia, dovendo ravvisarsi un intervento di nuova costruzione, in quanto viene reciso ogni legame con il volume demolito. La traslazione di volumi edilizi su un lotto diverso comporta, infatti, il mutamento del carico urbanistico ascrivibile al lotto di destinazione e, quindi, si configura come un intervento che, come ha ritenuto il Consiglio di Stato, determina una nuova trasformazione del territorio. Deve, altresi', evidenziarsi che la legge regionale n. 30 del 2003 non riproduce le disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 96 del 2006, secondo cui «I locali utilizzati ad uso agrituristico sono assimilabili ad ogni effetto alle abitazioni rurali»), ma, all'articolo 17, comma 2, stabilisce soltanto, che «L'attivita' agrituristica puo' essere svolta sia in edifici con destinazione d'uso a fini agricoli che in edifici classificati come civile abitazione». Ne deriva che i trasferimenti di volumetria in zona agricola previsti dalla legge regionale non risultano soggetti al limite di volumetria stabilito per le edificazioni residenziali in zona agricola, previsto dall'articolo 7, n. 4), del d.m. n. 1444 del 1968 e operante anche ai fini della destinazione ad agriturismo, in virtu' dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 96 del 2006. La ratio del predetto articolo 3 e' stata ampiamente illustrata dalla giurisprudenza di codesta Corte, la quale nella sentenza n. 96 del 2012, ha affermato che «L'art. 3, comma 1, della legge n. 96 del 2006 - come pure l'art. 3, primo comma, della precedente legge 5 dicembre 1985, n. 730 (Disciplina dell'agriturismo) - contiene un principio fondamentale, la cui ratio e' quella di promuovere l'attivita' agrituristica, senza tuttavia consentire edificazioni nuove ed estranee allo svolgimento delle attivita' agricole in senso stretto, allo scopo di garantire il mantenimento della natura peculiare del territorio e preservarlo cosi' dalla proliferazione di fabbricati sorti in vista soltanto dell'esercizio di attivita' ricettive in immobili non facenti parte, ab origine, dell'azienda agricola. 3.2. - La norma statale sopra citata si limita all'enunciazione di un principio, destinato a trovare specifiche attuazioni nelle legislazioni delle diverse Regioni, in conformita' alle caratteristiche morfologiche, storiche e culturali di ciascuna di esse. Tale principio pone un limite rigoroso, escludendo che possano essere destinati ad attivita' agrituristiche edifici costruiti ad hoc, non «gia' esistenti sul fondo» prima dell'inizio delle attivita' medesime. Si vuole in sostanza prevenire il sorgere ed il moltiplicarsi di attivita' puramente turistiche, che finiscano con il prevalere su quelle agricole, in violazione della norma codicistica prima citata e con l'effetto pratico di uno snaturamento del territorio, usufruendo peraltro delle agevolazioni fiscali previste per le vere e proprie attivita' ricettive connesse al prevalente esercizio dell'impresa agricola». La disciplina prevista dall'impugnata norma della legge regionale n. 15/22, infatti, nel consentire i trasferimenti di volumetrie solo per gli immobili appartenenti al patrimonio rurale esistente, pone effettivamente precisi limiti che dovrebbero tutelare il territorio rurale, prevedendo che i trasferimenti, fermi restando i limiti e le condizioni previsti dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, possano essere effettuati all'interno dell'intero territorio comunale o all'interno della proprieta' aziendale la cui superficie sia senza soluzione di continuita' e ricada parzialmente in territori di comuni confinanti, a condizione che si configurino come uno dei seguenti interventi: a) interventi di addizione volumetrica; b) interventi di trasferimento del volume in prossimita' di edifici esistenti e qualora questo non comporti la necessita' di realizzare opere di urbanizzazione primaria. La disposizione regionale risulta, tuttavia, lesiva dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio di cui all'articolo 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, che impone il rispetto dei limiti inderogabili di densita' edilizia previsti per le diverse zone del territorio comunale, come declinati per le zone agricole dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968, il quale fissa un indice di edificabilita', disponendo che, all'interno di questi ambiti, e' prescritta per le abitazioni la massima densita' fondiaria di mc 0,03 per metro quadro, e con l'articolo 3 della legge n. 96 del 2006. La disciplina regionale in esame, ponendosi in contrasto con la ratio della prescrizione contenuta nel d.m. 1444 del 1968, determina, infatti, il rischio di una indiscriminata proliferazione di volumetrie nelle aree agricole, con consequenziale superamento dei suddetti limiti di densita', mediante trasferimenti (anche «extrafondo») di cubatura. Nel caso in esame, infatti, la traslazione di volumi al di fuori del contesto nel quale si trovavano i manufatti demoliti, e potenzialmente anche a distanza di chilometri da questi ultimi, non puo' che determinare la qualificazione dell'intervento come «nuova costruzione»; qualificazione che e' gia' sufficiente a far emergere il contrasto insanabile della legge regionale con la previsione dell'articolo 3 della legge n. 96 del 2006, secondo cui possono essere destinati ad agriturismo esclusivamente volumi edilizi gia' esistenti sul fondo. Il predetto decreto ministeriale, infatti, nel prescrivere la suddivisione del territorio comunale in zone territoriali omogenee, persegue lo scopo di garantirne un assetto ordinato. I limiti cosi' imposti hanno efficacia vincolante anche nei confronti del legislatore regionale, come peraltro chiarito da codesta Corte costituzionale, secondo cui «[...] i limiti fissati dal D.M. n. 1444 del 1968, che trova il proprio fondamento nell'art. 41-quinquies, commi 8 e 9, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), hanno efficacia vincolante anche verso il legislatore regionale (ad esempio, sentenza n. 232 del 2005) [...] costituendo essi principi fondamentali della materia, in particolare come limiti massimi di densita' edilizia a tutela del «primario interesse generale all'ordinato sviluppo urbano» (Corte costituzionale, sent. 20 ottobre 2020, n. 217). Allorche', dunque, - come nel caso di specie e' avvenuto - il legislatore regionale introduce arbitrariamente deroghe a tali limiti, consentendo trasferimenti di volumetria in zona agricola, ammette interventi che possono potenzialmente cagionare effetti gravemente pregiudizievoli per il territorio, in quanto idonei a determinare un aggravio del carico urbanistico/edilizio nelle aree interessate e, come si e' sopra evidenziato, la proliferazione di volumetrie nelle aree agricole, con esiti arbitrari e irragionevoli. Sul punto, va infatti ribadito che in base alla disciplina urbanistica la delocalizzazione e' da considerarsi a tutti gli effetti una nuova costruzione (art. 3 TUE), e comunque lo spostamento di volumetrie edilizie entro lotti a destinazione agricola, senza il rispetto del limite volumetrico stabilito dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968 (non richiamato dalla norma impugnata), determina di per se' la violazione della lettera e della ratio della disciplina concernente l'edificazione in zona agricola, la quale e' diretta a contenere, non solo la quantita' totale dei volumi edilizi realizzabili nelle zone agricole, ma anche la loro concentrazione sul singolo lotto, proprio allo scopo di evitare la creazione di veri e propri insediamenti urbani in zona agricola. La legge regionale in esame si pone, dunque, in contrasto con l'articolo 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, cosi' come declinato per le zone agricole dall'articolo 7, n. 4 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, nonche' con l'articolo 3 della legge n. 96 del 2006, violando l'art. 117, terzo comma, Costituzione, con riferimento alla materia «governo del territorio», della quale le predette disposizioni statali costituiscono principi fondamentali vincolanti per le Regioni. Con l'impugnata norma il legislatore regionale ha, quindi, esorbitato dai limiti della propria potesta' normativa che codesta Corte ha individuato nella determinazione delle modalita' concrete di attuazione dei principi fondamentali posti dalla disciplina statale. 2. Illegittimita' dell'art. 7, comma 1, della legge 24 maggio 2022, n. 15, per violazione degli articoli 117, secondo comma, e 9 Costituzione, in riferimento agli articoli 135, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), all'art. 3 della legge 96 del 10 febbraio 2006, all'art. 7, n. 4 del D.M. n. 1444 del 1968, e per violazione principio di leale collaborazione. L'impugnata norma regionale contrasta, altresi', con l'articolo 117, comma secondo, lettera s), Costituzione, poiche' incide sulla pianificazione paesaggistica, invadendo la competenza legislativa esclusiva dello Stato, attuata dagli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in quanto non risponde alla finalita' indicata dal Piano di indirizzo territoriale della Regione Toscana (PIT). Infatti, la disciplina del vigente Piano di indirizzo territoriale con valenza paesaggistica della Toscana, frutto di intesa con lo Stato, stabilisce, quale obiettivo dell'invariante strutturale «I caratteri morfotipologici dei paesaggi rurali» relativi al paesaggio rurale, «il contenimento di ulteriori consumi di suolo rurale» (articolo 11 della Disciplina del PIT). In base alla suddetta disposizione, rispondente all'obiettivo europeo di azzeramento del consumo di suolo entro il 2050, l'edificazione di nuovi volumi in zona agricola deve avere carattere eccezionale e residuale, risultando giustificata soltanto in presenza di esigenze che non possono essere soddisfatte diversamente. L'impugnata disciplina, che determina la trasformazione del territorio attraverso i suddetti trasferimenti di volumetria in zona agricola, e' stata adottata dalla Regione in via del tutto autonoma e avulsa dal quadro di riferimento costituito dalle previsioni del piano paesaggistico. Quest'ultimo - che deve essere elaborato secondo il modulo della pianificazione concertata e condivisa, prescritto dalle norme statali (articoli 135, 143 e 145 cod. beni culturali) - costituisce il solo strumento idoneo a garantire l'ordinato sviluppo urbanistico e a individuare le trasformazioni compatibili con le prescrizioni statali del citato codice. L'articolo 135 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42/2004), invero, dispone che lo Stato e le Regioni assicurano la conoscenza, la salvaguardia, la pianificazione e la gestione del territorio in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. A tal fine, devono sottoporre a specifica normativa d'uso lo stesso territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistici - territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, la cui elaborazione deve avvenire congiuntamente tra Ministero e Regioni. Cio' in ragione della competenza esclusiva statale in ordine ai beni paesaggistici. L'art. 143 descrive il contenuto del piano, che e' ricognitivo, prescrittivo e propositivo. L'art. 145, comma 3, sancisce il principio di sovraordinazione dei piani paesaggistici rispetto a tutti gli altri strumenti di pianificazione territoriale. Nel nostro ordinamento, dunque, in materia di pianificazione e tutela del territorio e dei beni ambientali, da un lato gli strumenti di tutela dei valori paesaggistici sono sovraordinati e cogenti per gli assetti regionali e comunali (da ultimo Corte costituzionale sentenza 5666/21; in termini sentenza 1190/21: «In materia di tutela paesaggistica le disposizioni dei relativi piani sono prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore»); dall'altro vi e' un principio di leale collaborazione, nella individuazione dei piani paesaggistici e nella loro applicazione e tutela. Entrambi questi principi risultano violati dalla normativa impugnata, anche in considerazione del mancato rispetto dell'impegno assunto dalla Regione con il Piano di indirizzo territoriale a consentire l'edificazione di nuovi volumi in zona agricola in casi eccezionali e residuali. Inoltre, l'articolo 7, comma 1 della legge regionale in questione, determina un abbassamento di tutela del paesaggio, in violazione anche dell'art. 9 della Costituzione, che ne sancisce la rilevanza quale interesse primario e assoluto (Corte costituzionale n. 367 del 2007). Difatti, nonostante l'impegno espressamente previsto nel Piano di indirizzo territoriale con valenza paesaggistica, frutto di intesa con lo Stato, l'edificazione di nuovi volumi in zona agricola deve avere carattere eccezionale e residuale, risultando giustificata soltanto in presenza di esigenze che non possono essere soddisfatte diversamente. La norma regionale impugnata, al contrario, comporta la delocalizzazione - proprio in zona agricola - di volumi originariamente esistenti in altre porzioni del territorio comunale o anche dal territorio di altri comuni, e cio' sulla base di una scelta dell'imprenditore agrituristico, senza che emergano elementi atti a dimostrare l'assoluta necessarieta' di tali ulteriori volumi edilizi. Al riguardo, si evidenzia come il limite massimo - e inderogabile - di edificabilita' in zona agricola rappresenta principio informatore del d.m. n. 1444 del 1968, ed e' da intendersi riferito al singolo lotto, non gia' alla zona agricola interamente considerata. La circostanza che i volumi oggetto del trasferimento, avendo a oggetto immobili gia' esistenti sul fondo e destinati comunque allo svolgimento delle attivita' agricole, rientrerebbero fra quelli gia' ammessi nella zona agricola in considerazione, non e' idonea a sottrarre la norma alla dedotta censura di incostituzionalita'. Invero, la concentrazione su un unico lotto di volumi provenienti da altri lotti, deve ritenersi preclusa, in quanto tale operazione verrebbe a creare un vero e proprio insediamento abitativo, una lottizzazione, che - com'e' noto - e' vietata in zona agricola. Deve infatti tenersi presente che i volumi delocalizzati, una volta «atterrati» in zona agricola e destinati ad agriturismo, sono da qualificare come volumi residenziali, in base a quanto previsto dall'articolo 3, comma 3 della legge n. 96 del 2006. Come detto, la legge regionale consente di delocalizzare volumi a destinazione rurale presenti nello stesso Comune, anche a notevole distanza rispetto all'area c.d. «di atterraggio», o addirittura anche volumi esistenti nel territorio di altri Comuni, purche' all'interno della stessa azienda agricola. Tale spostamento determina, quindi, necessariamente un incremento del carico urbanistico nel lotto di «atterraggio», in quanto si tratta di volumi abitativi che non erano presenti nel medesimo lotto e che potrebbero provenire anche da siti posti a molti chilometri di distanza rispetto all'area di intervento. In tal modo, la legge regionale realizza dunque un meccanismo di elusione dei limiti all'edificazione residenziale in zona agricola previsti dall'articolo 7, n. 4 del d.m. n. 1444 del 1968, in combinato disposto con l'articolo 3 della legge n. 96 del 2006, perche' consente di cumulare su un fondo agricolo volumi rurali non preesistenti su quel fondo, per destinarli ad agriturismo. In tal modo si vanifica lo scopo stesso della pianificazione paesaggistica, che tende a valutare le trasformazioni del territorio non in modo parcellizzato, ma nell'ambito di una considerazione complessiva del contesto tutelato specificamente demandata al piano paesaggistico. Con l'impugnata norma, quindi, la Regione manifestamente elude il principio posto dal piano, secondo cui l'edificazione in zona agricola ha carattere del tutto eccezionale e residuale. In proposito, con una recente sentenza codesta Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di una legge regionale - peraltro di una Regione a statuto speciale - che, nel consentire la proroga di disposizioni in deroga alla pianificazione urbanistica, ammetteva reiterati e rilevanti incrementi volumetrici del patrimonio edilizio esistente, isolatamente considerati e svincolati da una organica disciplina del governo del territorio cosi' trascurando l'interesse all'ordinato sviluppo edilizio, proprio della pianificazione urbanistica, e cosi' danneggiando il territorio in tutte le sue connesse componenti e, primariamente, nel suo aspetto paesaggistico e ambientale (Corte costituzionale, sent. 28 gennaio 2022, n. 24). La disciplina regionale impugnata, dunque, si pone anche in contrasto col principio di leale collaborazione cui si informano le norme del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e determina una lesione della sfera di competenza statale in materia di tutela del paesaggio, in considerazione della violazione del richiamato impegno, assunto dalla Regione, a consentire l'edificazione di nuovi volumi in zona agricola in casi eccezionali e residuali. Alla luce delle sopra esposte argomentazioni, l'articolo 7, comma 1 della legge regionale in oggetto risulta lesivo dell'articolo 117, terzo comma della Costituzione, per contrasto con i principi fondamentali statali in materia di governo del territorio stabiliti dall'articolo 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942 - come attuato mediante il decreto ministeriale n. 1444 del 1968 - e dall'articolo 3 della legge 10 febbraio 2006, n. 96; dell'articolo 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione, rispetto al quale costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, poiche' incide sulla pianificazione paesaggistica, con invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato, e dell'articolo 9 della Costituzione, che sancisce la rilevanza della tutela del paesaggio quale interesse primario e assoluto (Corte costituzionale n. 367 del 2007), in considerazione dell'abbassamento del livello della tutela del paesaggio.